Blockchain: il valore probatorio delle informazioni.
- Studio Legale Mazzeo
- 5 nov 2024
- Tempo di lettura: 4 min

Il presente contributo si propone di offrire una sintetica disamina del quadro normativo applicabile ai registri blockchain in materia processuale, in particolare con riferimento all’ammissibilità e al valore probatorio in sede giudiziale dei dati in essi contenuti.
La tecnologia blockchain, originariamente sviluppata per supportare le criptovalute come Bitcoin, grazie alle sue caratteristiche di immutabilità, trasparenza e tracciabilità, sta vivendo una notevole espansione in diversi settori, spaziando dal settore finanziario alle supply chain.
Essa appartiene al più ampio genus dei Distributed Ledger Technology (DLT), tecnologia che, come suggerito dal nome stesso, consente di archiviare dati e informazioni utilizzando un registro decentralizzato. Tale decentralizzazione si attua tramite la condivisione di copie dello stesso registro tra i vari computer dei partecipanti alla rete, i cc.dd. “nodi”, che ne permette la gestione e l’aggiornamento senza la necessità di un soggetto terzo o di un’entità centrale di controllo e verifica.
Sul piano normativo nazionale, i DLT sono definiti dall'art. 8-ter del d.l. n. 135 del 2018, “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”, convertito con modificazioni dalla l. n. 12 del 2019, come «le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l'aggiornamento e l'archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili». È, inoltre, previsto che «la memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all’articolo 41 del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014».
Sebbene la formulazione letterale della previsione riguardi i registri distribuiti in genere, le richiamate caratteristiche di inalterabilità e immodificabilità sono tipiche della sola blockchain, che come anticipato costituisce una species delle DLT, e del suo meccanismo di archiviazione dei dati.
La blockchain (letteralmente come “catena di blocchi”), infatti, è una forma di DLT che registra evidenze informatiche in una catena cronologica immutabile. Le informazioni e i dati inseriti (quali transazioni, moduli o processi) vengono registrati e raggruppati in blocchi ordinati cronologicamente e legati inscindibilmente tra loro attraverso l’uso di algoritmi e crittografia, garantendone la trasparenza e la tracciabilità. Dal punto di vista della sicurezza, la blockchain utilizza la crittografia asimmetrica. Ogni utente possiede una coppia di chiavi: una pubblica, utilizzata come indirizzo dell’account, e una privata, necessaria per autorizzare le transazioni. Questo sistema assicura che i dati provengano dal loro effettivo originatore e che rimangano integri e inalterati.
Altra peculiarità propria della blockchain è la validazione formale utilizzata per la creazione di un nuovo blocco, basata sul “meccanismo del consenso”, in cui la funzione di certificazione è distribuita tra gli utenti. Una volta aggiornata la catena mediante l’aggiunta di un nuovo blocco, si realizza un simultaneo aggiornamento del registro per tutti i partecipanti al network, senza che sia più possibile modificare le
informazioni così validate, aggiornate ed archiviate. Difatti l’eventuale manipolazione di un blocco, si ripercuoterebbe su tutti i blocchi successivi, rendendo evidente la difformità con tutte le altre copie del registro diffuse tra i vari nodi.
Alla luce di ciò, le caratteristiche tipiche della blockchain quali la decentralizzazione, la sicurezza, la resistenza alle manomissioni, la trasparenza, la tracciabilità e l’efficienza, consentono di attribuirle, in forza del richiamato art. 8-ter del d.l. n. 135 del 2018, gli effetti giuridici richiamati dall’art. 41 del Regolamento UE n. 910/2014 in merito alla validazione elettronica temporale. In particolare, ad essere equiparata è la possibilità che le indicazioni temporali relative ad ora e data, insieme all’integrità dei dati cui si riferiscano, contenute nella blockchain possano sempre essere ammesse quale prova in sede contenziosa ed essere opposte a terzi.
Più di recente, il legislatore europeo è intervenuto in materia di blockchain e relativa valenza probatoria, introducendo, con il Regolamento n. 1183/2024 (c.d. eIDAS 2.0), un gruppo di disposizioni dedicate genericamente ai registri elettronici (“electronic ledgers”). L’art. 3 affianca la definizione di registro elettronico, quale «sequenza di registrazioni di dati elettronici che garantisce l’integrità di tali registrazioni e l’accuratezza dell’ordine cronologico di tali registrazioni», a quella di registro elettronico qualificato, ossia un registro fornito da un “prestatore di servizi fiduciari qualificato” che soddisfi determinati requisiti imposti dal Regolamento stesso e dalla normativa che dovrà essere adottata dalla Commissione UE entro maggio del prossimo anno.
Gli artt. 45 duodecies e ss. attribuiscono ai registri elettronici qualificati valore di “presunzione del loro ordine cronologico sequenziale univoco e accurato e della loro integrità”. Quanto all’ammissibilità quale prova nei procedimenti giudiziari, la norma stabilisce che questa non possa mai essere negata al registro elettronico per il solo fatto di non soddisfare i requisiti di registro elettronico qualificato. Pertanto, deve ritenersi sempre possibile l’ammissibilità dell’utilizzo in sede contenziosa delle informazioni archiviate all’interno di un registro elettronico “semplice”, quale ad es. quello delle blockchain, esistenti in ambito processuale, sebbene per il valore di presunzione legale bisognerà attendere i prossimi sviluppi.
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